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domenica 12 dicembre 2010

INTERVISTA ALL'INSEGNANTE - 3

Quella  riportata qui sotto è un’intervista a un’insegnante di terza elementare, che ha, in classe, una bambina con grossi problemi di concentrazione e ansia.

D: Mi può raccontare in quali momenti l’alunna manifesta maggiormente questi problemi di concentrazione e di ansia?

R: Quando la interrogo o durante le verifiche periodiche. In altri momenti, invece, per esempio durante la ricreazione, sembra desiderosa di parlare e raccontare particolari della sua vita e allora parla con interesse persino di cose che ha studiato a casa. Tutti i bambini si agitano al momento dell’interrogazione. È normale. Ma l’ansia di questa bambina supera i limiti e così è capitato più volte che abbia vomitato durante le verifiche o ancora più spesso si mette piangere oppure ammutolisce. Non apre bocca neppure su quegli argomenti su cui, nei momenti di tranquillità, di cui le dicevo prima, mi aveva dimostrato di essere preparata.

D: E invece la difficoltà a concentrarsi quando si manifesta?


R: Sempre durante le verifiche e le interrogazioni, le volte in cui almeno prova a rispondere, perde facilmente il filo del discorso e non riesce a collegare fra loro le cose di cui prova a parlare.

D: Quindi alle volte cerca di rispondere?

R: Certo. Sia io che i suoi genitori cerchiamo di aiutarla a venire fuori.

D: Prima mi ha detto, però, che al di fuori dei momenti di verifica racconta con interesse ciò che fa e ciò che sa.

R: Sì. Anzi in quei momenti dimostra una grande vivacità mentale.

D: Dunque, in quelle occasioni parla senza mostrare nessun segno di ansia e nessuna difficoltà a concentrarsi?

R: Ovviamente no. Ma è normale che un bambino durante la ricreazione non si agiti. Gioca con i compagni. E poi la ricreazione non è certo un momento che richieda concentrazione da parte sua.

D: Mi ha presentato la bambina come un caso di gravi problemi di ansia e di concentrazione. È per questo che glielo chiedo. Se dei problemi di questo tipo effettivamente esistono in lei, non credo che vadano e vengano quando vogliono. Per esempio ci sono giochi che richiedono una concentrazione e autocontrollo persino maggiori di quelli richiesti da un’interrogazione, non crede?

R: No. Non credo che siano necessari nei giochi che fanno in terza elementare!

D: Ha mai provato a giocare con loro?

R: No.

D: Come si svolgono le sue verifiche? Mi faccia un esempio di domanda.

R: Per esempio, quali sono i punti cardinali? Quali sono i prodotti tipici di una Regione? Quali sono i suoi confini? I suoi fiumi? O quali alberi hanno fogli caduche e quali sono sempre verdi? Quando inizia il perido democratico ad Atene? I Romani quando conquistarono Cartagine?

D: Confini, prodotti alimentari, fiumi e alberi sempreverdi? Non chiede mai “perché” ai suoi bambini? Non chiede mai quali punti in comune hanno gli italiani di oggi con gli antichi romani? Dopotutto noi siamo il prodotto della storia e i discendenti di quei Romani che hanno conquistato Cartagine. I nostri zigomi, capelli, colore di pelle, cibi e tradizioni provengono da lì. Non ha mai provato a ragionare sui bambini sul come poteva svolgersi una guerra nell’antica Roma? Come si svolgeva la vita del soldato? Quanto tempo ci voleva, quanti uomini dovevano radunarsi, in che modo dovevano organizzare i viveri, con che mezzi dovevano spostarsi e quali conseguenze pratiche avevano tutti questi fattori?

R: E questo cosa c’entra con l’ansia e la capacità di concentrazione della bambina di cui stavamo parlando?

D: Diceva prima che questa bambina, ha dimostrato in tante occasioni interesse nei confronti dello studio e anche nel raccontare ciò che aveva imparato, Anche questa è una valutazione. Nel giudizio che poi le dà in sede di verifica, questa valutazione incide?

R: No

D: Perché?

R: Un bambino deve abituarsi a manifestare se stesso in sede di verifica e a dominare la propria ansia.

D: Giusto. Ha detto bene: il bambino deve abituarsi. Su questo punto siamo d’accordo, non è nato già abituato. E la bambina di cui stiamo parlando ha bisogno più di altri di assumere quest’abitudine. Come si fa ad abituare un bambino ad affrontare le interrogazioni dominando la propria ansia?

R: L’abitudine nasce con la ripetizione. Affrontando sempre più esperienze e verifiche, queste finiscono con l’entrare nella quotidianità e così diventano meno spaventose.

D: Prendiamo la nostra bambina. Prima riceve conferme e soddisfazioni per quello che veramente è, al di fuori delle verifiche. Poi, però, si trova un brutto voto che annulla quel poco di fiducia in sé che si era creata con la precedente esperienza positiva. Quindi sia lei che i suoi genitori insistete sempre più a rapportarvi alla bambina usando lo strumento in cui lei riesce peggio. E meno riesce a venir fuori in queste verifiche, più voi la spronate a farlo, oltretutto dando sempre meno valore a ciò che di positivo lei aveva manifestato in altri momenti.
Se in terza elementare siamo arrivati a definire la bambina come “soggetta a problemi di ansie e concentrazione”, che succederà in quarta? Si porterà dal medico?

R: Ha qualcosa contro i medici?

D: Assolutamente no. Sono la nostra salvezza. Quando è necessario il loro intervento, però.

R: Ma esiste un problema. L’ansia e la paura di sbagliare sono molto più forti in lei rispetto alla sua capacità di controllarsi.

D: Che ci sia un problema è indubbio, ma agendo in questo modo state trasmettendo alla bambina l’idea che la sua intelligenza non conta e contano solo delle risposte a dei quiz. E questo non migliora la situazione: la verifica diventa un terno al lotto che le fa paura perché privo di corrispondenza con la sua identità. Come dicevamo prima nessuno nasce abituato a essere valutato. E bambini come lei, meno di tutti. È necessario dare loro gli strumenti per affrontare una valutazione. Lei pensa di stare fornendo questi strumenti alla sua alunna?

R: Certo. Cerco di darle tutta la serenità possibile, rassicurandola, dicendole che non deve preoccuparsi di me e facendole i complimenti.

D: Ma se non riesce mai a risponderle nulla, che significato hanno i complimenti?

R: Servono a darle fiducia in sé.

D: Fiducia in cosa? In una scena muta perenne? Per costruire questa fiducia in sé, la bambina deve prima produrre qualcosa di buono. Poi potrà avere fiducia in quanto di buono ha prodotto.

R: Allora è un cane che si morde la coda. Se lei fa scena muta, dove lo andiamo a prendere questo “prodotto buono”?

D: In tutti quei momenti della giornata in cui la bambina riesce ad essere sé stessa e si dimostra interessata a sapere e a raccontare ciò che sa. Se la valutazione terrà conto anche di questi momenti, la bambina la sentirà corrispondente a se stessa e non la vivrà come un terno al lotto di cui avere giustamente terrore. La fiducia nelle proprie capacità che costruirà in questo modo diverrà lo strumento per riuscire a controllare i momenti di ansia, che pure continueranno a esserci, di fronte alle future verifiche. Così facendo anche la paura di sbagliare si potrà trasformare in desiderio di superare l’errore, che non sarà più episodio negativo ma occasione per continuare ad apprendere. Questo porterà la bambina a imparare a chiedere ma anche come chiedere, a chi chiedere, quando chiedere, cosa chiedere. Si porterà la bambina ad avere l’esigenza di chiedere senza averne paura.

NOTA:
Ricordo che un signore diceva:
Potevo rispondere con la prima cavolata che mi passava per la testa, ma una cosa era certa: Avrei ottenuto un voto! Zero il più delle volte, ma quello zero era il modo migliore per essere lasciato in pace, almeno temporaneamente. Ci si aspetta dall’alunno una risposta? Lui la dà. Giusta, sbagliata, assurda, poco importa”.
Questo signore che prendeva zero era Daniel Pennac (Diario di scuola).

Come sempre per approfondire vi invitiamo a guardare questo sito

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