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venerdì 3 dicembre 2010

INTERVISTA ALL'INSEGNANTE - 2

Seguono alcune domande fatte a un’insegnante di classe seconda elementare, relative a un bambino con difficoltà nell’apprendimento e nell’attenzione, apparentemente disinteressato a qualunque stimolo.

D: Mi può descrivere il comportamento di questo suo alunno? Che tipo di difficoltà presentava?

R: Presentava una scarsissima attenzione in ogni attività e sembrava non riuscisse a interessarsi a nulla. Ma non era stata individuata, in lui, alcuna patologia specifica.


D: Per lei dunque l’interesse è importante nell’apprendimento?

R: È fondamentale. I miei alunni più bravi hanno sempre manifestato un notevole interesse verso le attività che presentavo loro.


D: Cosa vuol dire per lei essere interessati/appassionati a qualcosa?

R: Ogni bambino ha la sua natura. Alcuni sono bambini più interessati e curiosi altri meno.

D: Si tratta solo di natura? Per lei un bambino già dalla nascita è predestinato a essere attratto da determinate cose e non da altre, a prescindere da tutto il vissuto che lo aspetta?
Il suo lavoro di insegnante lo ritiene, dunque, secondario?

R: Assolutamente no. Non volevo dire questo. Anzi l’insegnamento è fondamentale per far appassionare un bambino.

D: Perché?

R: Perché l’insegnamento aiuta ad apprendere e a capire e la comprensione stimola l’interesse. Ma non tutti i bambini hanno le stesse capacità di comprensione e apprendimento.

D: Dunque siamo tornati all’innatismo. C’è chi capisce di più e chi capisce di meno dalla nascita. Lei pensa di non poter fare nulla per questi ultimi? Il suo lavoro torna a essere inutile?

R: No, non dico questo. Molte volte è la famiglia che non collabora.

D: Natura. Famiglia. E l’insegnante di fronte alla natura e alla famiglia cosa può fare?

R: Io ho sperimentato, negli anni, che il mio metodo di insegnamento era molto efficace per alcuni bambini e per altri no. I primi mi hanno dato conferma della validità del mio metodo. I secondi dimostrano che non tutti possono rispondere alla stessa maniera, perché ognuno è fatto a modo suo e vive in un cotesto diverso. Per questo dico che la natura ha la sua importanza. Non tutti possono dirigere il mondo. Ci sarà chi dovrà dirigere e chi dovrà eseguire.

D: Che ogni persona abbia una natura diversa è assolutamente vero. Che ogni persona sia condizionata da un contesto diverso è altrettanto vero. Ma secondo lei questo è un punto di partenza o un punto di arrivo?

R: In che senso?

D: È proprio dall’osservazione della natura e del contesto del bambino che l’insegnante deve partire per capire quali sono gli strumenti più adeguati a quella determinata natura e a quel determinato contesto.

R: Dunque lei mi sta dicendo che io dovrei usare strumenti diversi per ogni bambino? Ma questo non si può fare.

D: Perché?

R: Perché si farebbero delle discriminazioni. Perché non si avrebbe una classe omogenea. Perché bisogna trattare tutti i bambini alla stessa maniera.

D: Se in classe c’è un bambino che non ha le gambe, deve correre anche lui nell’ora di ginnastica?

R: Ma no. Non voglio dire questo.

D: Quindi non sente di fare un’ingiustizia se questo bambino, nell’ora di ginnastica, allena il movimento delle sole braccia?

R: Ma certamente!

Nostre osservazioni

Per noi, coerentemente a quanto sostenuto dal prof. Nicola Cuomo, ogni bambino può apprendere, ma secondo un metodo didattico differente. Nessun bambino è una tabula rasa, ma ognuno ha un proprio vissuto e una propria natura. Ogni bambino ha una capacità cognitiva originale, che necessita di un metodo di insegnamento adeguato. Questo potrà anche essere diverso da quello usato per gli altri compagni. L’insegnante deve essere sempre consapevole di tutto ciò e per individuare il metodo più adeguato dovrà osservare i bambini che si trova di fronte così da conoscere i diversi stili cognitivi. Questa consapevolezza impedirà ogni tipo di etichettatura e rassegnazione da parte dell’insegnante. Quest’ultima avrà sempre l’obbligo di escogitare le tattiche migliori perché i suoi alunni possano comprendere e imparare e, in particolare. possano emozionarsi e desiderare di imparare cose nuove. Il presupposto è che ogni bambino può farlo. Forse è proprio questo il significato della scuola dell’”obbligo”.
Quando l’insegnante si rassegna, anche solo interiormente, a etichettare un bambino come “lento nell’apprendere e disinteressato a ogni possibile proposta”, questo giudizio viene da lui percepito e ha conseguenze negative sul suo apprendimento. L’insegnante, infatti, anche inconsapevolmente, terrà nei suoi confronti un atteggiamento coerente col proprio giudizio. Rosenthal e Jacobson parlano in questo caso di effetto Pigmalione.
Il bambino tenderà a comportarsi adeguandosi a ciò che gli altri si aspettano da lui.
Molte insegnanti conoscono, in teoria, questo meccanismo, quasi tutte ne hanno almeno sentito parlare, ma la cosa più importante per un insegnante è essere consapevole di come lo si stia innescando, giorno per giorno, durante il proprio lavoro.

2 commenti:

  1. Ciao a tutte,
    vorrei sottoporvi una situazione difficile da gestire. Io lavoro come psicomotricista presso una scuola e quindi vedo i bambini una volta a settimana. S. è un bambino nomade di 7 anni non scolarizzato che non parla italiano e scappa da scuola, si arrampica sui muri e scavalca cancelli!! Più di una volta hanno dovuto chiamare la polizia perchè non lo trovavano più!! La maestra mi dice che in classe ruba di tutto!! Anche con me ci sono delle grandi difficoltà, senza contare che la maggior parte delle volte non viene a scuola!! Sono un po’ perplessa perchè io pensavo, o ingenuamente speravo, che nelle mie ore, essendo un'attività di gioco prevalentemente libero il bambino partecipasse in modo attivo e propositivo invece, per quelle poche volte in cui era presente, si è rifiutato di giocare e ha manifestato la chiara intenzione di voler andar via.
    A complicare il tutto c'è il fatto che questo bambino è quasi sempre assente, anche per quanto riguarda la mia attività di psicomotricità. Inoltre, la classe è formata da altri 23 bambini tra cui altri tre nomadi, un bambino disprassico e una bambina dislessica.
    La domanda che vi vorrei sottoporre e che anche l'insegnate si è posta è semplicemente da dove poter partire.
    Grazie, Anna

    RispondiElimina
  2. ciao Anna!
    Il caso che tu riporti è molto complesso ed è difficile rispondere...
    Da quello che racconti anche le maestre sono molto in difficoltà nel gestire questo bambino e forse i problemi quotidiani di pura "gestione" hanno offuscato la dimensione pedagogica e didattica.

    Emerge tra le righe un senso di "impotenza" del team insegnante che si ripercuote anche su di te, che da specialista psicomotricista sei presente in classe un'ora alla settimana.
    Spesso nei nostri tirocini abbiamo potuto constatare questo "senso di abbandono".L'unico modo per non cadere in questa trappola è il lavoro in TEAM!
    In quella classe sicuramente non lavora soltanto una maestra ma vi è di sicuro un'insegnante di sostegno specializzata per l'integrazione di bambini con bisogni speciali(poiché tu racconti che nella medesima classe vi sono altri bambini certificati); inoltre il bambino avrà altre figure di riferimento : assistente sociale, psicologo dello sviluppo o neuropsichiatra.
    Il primo consiglio quindi è quello di non "sentirsi abbandonate" ma di sondare tutte le risorse per una progettazione in team.

    L'altro aspetto che emerge è che questo bambino ha una competenza spiccata nell'ambito motorio!
    Perché non utilizzare questa sua capacità ad arrampicarsi, a saltare e fare capriole come chiave d'accesso alla relazione-interazione con gli altri compagni?
    Forse per fare ciò avrete bisogno di un mediatore culturale(poiché racconti che S. non parla italiano).
    E' evidente che S. ha bisogno di far entrare la sua cultura, il suo vissuto in una scuola che vede come una prigione, un luogo lontano dal suo quotidiano, da cui scappare!

    Voglio lasciarti con un interrogativo che mi sono posta leggendo il tuo contributo...
    Ci aspettiamo da S.che aderisca alla nostra cultura silenziosamente e compostamente stando seduto dietro ad un banco...ma quanto sappiamo noi della sua cultura, della sua storia, del suo VISSUTO?

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