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giovedì 16 dicembre 2010

INTERVISTA ALL'INSEGNANTE - 4

Questa volta parliamo con un'insegnante di quarta elementare, a proposito di una sua alunna molto brava nel lavoro individuale, ma che presenta problemi di socializzazione.

D: Che tipo di problemi di socializzazione presenta la bambina?

R: Non riesce a partecipare ai lavori di gruppo: rimane completamente passiva. Eppure non sembra timida. Nel lavoro individuale invece dà ottimi risultati. È come se non volesse rendere partecipi gli altri bambini del suo lavoro.

D: Ma il lavoro individuale in cosa consiste?

R: Le normali interrogazioni e verifiche scritte.


D: Quindi, in queste attività l’iniziativa della bambina rimane assente. Si limita a rispondere alla sue domande.

R: Sì. Faccio la stessa cosa con tutti gli altri bambini.

D: Le attività di gruppo come vengono organizzate?

R: Se per esempio si studia un capitolo di storia  o si esce con la classe, al ritorno a scuola divido i bambini in gruppi e propongo loro delle attività di gruppo che vanno dalla creazione di un cartellone, o di un racconto alla realizzazione di una piccola recita su quanto abbiamo studiato o visto.

D: Quindi li lascia liberi di scegliere la forma nella quale esprime quanto appreso?

R: Sì. Lo faccio per osservare come riescono ad amalgamarsi tra loro e a mettere insieme tante idee originali.

D: Quali tipi di problemi ha riscontrato, nella sua carriera, in questi lavori di gruppo?

R: Se ne presentano fondamentalmente due tipi: alcuni bambini sono troppo vivaci, non vanno d’accordo con gli altri e cercano di imporre la propria volontà, altri sono passivi.

D: L’alunna di cui stiamo parlando fa parte della seconda categoria quindi?

R: Sì.

D: Mi ha detto che la bambina non le sembra timida: non lo è né nei suoi confronti né nei confronti dei compagni.

R: È vero. È una bambina aperta, preparata e intelligente e quando la interrogo non ha problemi ad esprimere quanto sa.

D: Quindi secondo lei, quale potrebbe essere il motivo per cui nei lavori di gruppo si blocca?

R: Non ha abbastanza fiducia in sé stessa e non riesce a socializzare con gli altri.

D: Di fronte all’insegnante che interroga è piuttosto sicura di sé, a quanto ho capito.

R: Sì. In realtà è più un problema di socializzazione.

D: Durante il pranzo, come si comporta con i compagni?

 R: Si apre volentieri raccontando le cose che fa a casa insieme ai suoi genitori e ai suoi nonni o ai suoi amici di nuoto e si dimostra anche interessata ai racconti dei compagni.

D: E allora perché parliamo di problemi di socializzazione?

R: Non mi so spiegare come mai una bambina brava, intelligente e non introversa si blocchi e diventi completamente passiva in un lavoro di gruppo in cui potrebbe esprimersi al meglio.

D: Perché dice che in questo contesto potrebbe esprimersi al meglio?

R: In queste attività lascio molto più spazio alla libertà di scelta dei bambini. Ho piacere che queste attività vengano fatte in gruppo perché i bambini insieme possano sperimentare e condividere le originalità di ciascuno, possano conoscersi meglio e quindi possano organizzare tutti questi stimoli in un unico prodotto finale.

D: Dunque il problema della bambina non è quello di dover semplicemente socializzare, ma è quello di dover organizzare con una certa indipendenza il proprio lavoro coordinandolo con quello degli altri.

R: La bambina si è sempre dimostrata piuttosto autonoma nelle cose che fa. Molto più di tanti altri suoi compagni.

D: Da quanto lei mi ha detto, la bambina è autonoma perché impara quello che lei insegna, perché risponde perfettamente a ciò che le chiede, perché soddisfa in pieno le consegne precise che le vengono date. Il problema sorge, non quando si deve rapportare con i suoi coetanei, ma quando le consegne da eseguire non sono ben definite. Quindi il problema nasce quando la bambina è chiamata a esprimere la sua intenzionalità e non più soltanto delle nozioni che comprende perfettamente. La bambina apprende, lo dimostra, ma non sa esprimere i suoi desideri, i suoi progetti, forse perché troppo abituata all’idea che la sfera dei progetti e delle intenzioni sia di esclusiva competenza delle insegnanti, dei genitori e degli adulti in generale.
Ha mai notato un’attività in cui la bambina si sente capace e che fa con particolare piacere?

R: Le piace molto disegnare e attraverso il disegno riesce a raccontare molto bene le sue piccole esperienze di vita: per esempio le vacanze, i suoi amici di nuoto e le cene in famiglia

D: Partiamo da qui, allora.
Il metodo del professor Cuomo, in questi casi, consiglierebbe un progetto che vedesse la bambina come produttrice di eventi, portandola ad agire la sua iniziativa.
Si potrebbe proporre alla classe la realizzazione di un fumetto che racconti, per esempio, un evento studiato in storia. Alla bambina si potrebbe dare il compito di ideare la struttura di questo racconto per immagini, dividere la realizzazione delle vignette fra i vari compagni e disegnarne alcune personalmente, inserendole nel quadro narrativo.



RIFLESSIONE
Avere come punto di partenza il “sa fare” dei bambini, ha due vantaggi:
  1. si costruisce una motivazione basandola sulla fiducia in sé stessi che così si crea;
  2. porta l’insegnante a lavorare sulla consapevolezza di avere di fronte non delle “tabulae rasae”, ma dei bambini con delle proprie risorse. L’errore di considerare i bambini come dei “contenitori vuoti” da riempire porta, troppo spesso, le insegnanti a presupporre che un unico metodo d’insegnamento possa adeguarsi a tutti i bambini. Nel caso in cui alcuni di questi non rispondano in modo “efficiente”, il motivo verrà imputato alla loro natura “sbagliata”. Se l’insegnante invece parte dal presupposto di avere di fronte dei “contenitori” già pieni di risorse tutte diverse, terrà sempre ben presente, nella sua carriera, che i metodi di insegnamento sono molteplici.

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